Grotta all’Onda è situata a 710 metri sul livello del mare alle pendici del monte Matanna, nella frazione di Casoli. Si tratta di una vasta cavità, ampia circa 40 metri per 60, che in origine doveva presentare numerosi cunicoli interni, oggi ostruiti. Il bordo superiore della volta esterna richiama per la sua morfologia una grande onda marina nel punto di massima espansione. L’enorme cavità costituisce una delle più importanti testimonianze di frequentazione pressoché ininterrotta di una grotta, durante un lunghissimo periodo di tempo che va dalla preistoria fino a epoca recente.
Grotta all’Onda rappresenta una delle più importanti testimonianze di frequentazione umana di una grotta dalla Preistoria più antica fino ad epoca recente e la stratigrafia del deposito, oggetto di scavi a partire dal 1867, è stata rimessa in luce e analizzata grazie alle campagne di scavo condotte dal Civico Museo Archeologico di Camaiore.
Sono state individuate diverse fasi di frequentazione che vanno dal Paleolitico Medio all’inizio dell’Età del Rame, oltre a sporadiche presenze durante l’Età del Bronzo, l’Età del Ferro e nel periodo rinascimentale, quando viene utilizzata solo per scopi rituali o per la pratica della pastorizia.
LA STORIA DELLE RICERCHE
Il primo saggio esplorativo a Grotta all’Onda fu eseguito nel 1867 dall’archeologo Carlo Regnoli che recuperò frammenti di ceramica preistorica, strumenti in selce e resti di animali. La grotta fu oggetto di più accurate ricerche da parte di studiosi dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana di Firenze (Aldobrandino Mochi, Ruggero Schiff-Giorgini, Nello Puccioni e Paolo Graziosi) che scavarono negli anni 1914 – 1944, ma le metodologie allora seguite non permisero di ricostruire con precisione la sequenza stratigrafica, ovvero l’esatta cronologia degli strati archeologici. Nel 1968 Antonio Mario Radmilli dell’Università di Pisa fece eseguire una datazione con il metodo dell’Uranio/Thorio della formazione stalagmitica che era stata messa in luce durante le precedenti ricerche e che risultò databile a circa 40.000 anni da oggi.
I materiali archeologici provenienti da questi scavi e ricerche sono conservati in parte a Firenze al Museo Fiorentino di Preistoria, in parte presso l’Università di Pisa.
Il Museo Archeologico di Camaiore, a partire dal 1996, ha effettuato nuove campagne di scavo a Grotta all’Onda nella porzione di deposito rimasta intatta dopo gli interventi degli anni 1914-1944, individuando sia la precisa sequenza stratigrafica relativa alla frequentazione umana nei diversi periodi, sia la storia degli eventi naturali che hanno determinato l’attuale fisionomia della cavità.
Sono state effettuate anche datazioni sia sulle formazioni stalagmitiche messe in luce, sia sul carbone prelevato negli antichi focolari che sono stati rinvenuti. In particolare, con il metodo dell’Uranio/Thorio è stata datata a circa 170.000 anni fa (174.030+- 8.200 Before Present) la stalagmite che si trova al di sotto degli strati del Paleolitico, mentre il momento della frequentazione della grotta da parte dell’Uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis) è stato datato con il metodo del Carbonio 14 a circa 37.000 anni da oggi (37.139±530 B.P. e 36.996±565 B.P.). Con quest’ultimo metodo sono stati datati anche i momenti di frequentazione della grotta durante il Paleolitico superiore: la fase più antica risale a 35.000-33.000 anni da oggi (35.130±550 B.P. e 33.326±640 B.P.), mentre i carboni dei focolari realizzati da Homo sapiens alla fine del Paleolitico superiore sono stati datati a circa 12.000 anni da oggi (12.485±100 B.P.). Infine, è stata datata con il metodo dell’Uranio/Thorio a 10.710±200 B.P. la concrezione stalagmitica indicante il passaggio dal periodo climatico del Pleistocene a quello dell’Olocene (ultima fase climatica dell’Era Quaternaria), mentre la datazione con il metodo del C14 ha rivelato l’età di circa 5.000 anni da oggi (4920±65 e 4865±65 Before Present) per i carboni dei focolari di Homo sapiens del periodo Neolitico – Età del Rame.
I frammenti ossei degli animali cacciati e i minuscoli frammenti ossei della “microfauna” (ovvero delle diverse specie di piccoli roditori presenti nella grotta e adattati a differenti tipi di habitat e di temperatura) forniscono precise indicazioni sul clima del passato, contribuendo quindi a chiarire i cambiamenti dell’ambiente nei vari periodi. Le operazioni di scavo prevedono perciò la setacciatura ad acqua del sedimento allo scopo di recuperare anche i reperti di piccolissime dimensioni.
Tutti i materiali archeologici rinvenuti dal 1996 sono conservati a Camaiore presso il Civico Museo Archeologico.