Pescia

Paesi e villaggi

Pescia si è sviluppata a partire da due nuclei funzionali differenti.  Il “mercato” dedicato alla vita pubblica ed al commercio si affaccia sulla riva destra del fiume Pescia. La “pieve”,  dedicata invece alle attività religiose e monastiche si estende sulla riva sinistra. Il primo nucleo si concentra simbolicamente nella grande Piazza Mazzini, nel Palagio e nei torrioni, il secondo nel Duomo e nella Porta Fiorentina (1732); i due centri, attorno ai quali si sviluppano una fitta rete di vicoli e rughe, sono connessi fra loro dal caratteristico Ponte del Duomo.

Secondo alcuni ritrovamenti archeologici e testimonianze scritte, si presume che Pescia sia stata fondata dai longobardi, che qui vi posero un insediamento. E appunto il nome del fiume omonimo prima e dell’insediamento poi deriva da un adattamento latino di una parola longobarda, pehhia, dalla radice germanica *bak- che significa fiume, torrente (cfr. tedesco Bach e inglese beck).

Poco più di tre secoli dopo la fondazione dell’abitato, Pescia, indipendente, rimase coinvolta quindi negli scontri tra guelfi e ghibellini. Di parte ghibellina, venne a scontrarsi con Lucca, di parte guelfa, e venne invasa e distrutta nel 1281, ma già pochi anni dopo cominciò la ricostruzione con l’aiuto degli stessi lucchesi. Durante il medioevo Firenze e Lucca si contesero la città, il cui comune sorgeva al confine tra le due repubbliche. Dopo un tentativo d’invasione fallito da parte di Pisa, la città passò sotto il dominio della Repubblica di Firenze.

L’economia della città si basava principalmente sull’allevamento del gelso e del baco da seta, di cui si racconta che sia stato importato segretamente dall’Oriente per la prima volta in Europa proprio dal pesciatino Francesco Buonvicini.

Nel 1519, la Pieve di S. Maria di Pescia fu elevata al rango di prepositura e il preposto divenne “nullius”, ossia esercitava pressoché tutte le funzioni sacramentali e giuridiche del vescovo. Il 19 febbraio 1699 il Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici la elevò al rango di città. Nel 1727, la diocesi di Pescia, guidata dal “preposto nullius”, divenne sede di un vescovo, direttamente dipendente dalla Santa Sede.

Napoleone Bonaparte transitò con il suo esercito nella Valdinievole e sostò a Pescia; ordinò la riconversione della produzione agricola, facendo sostituire la tradizionale produzione della seta con la barbabietola da zucchero per l’approvvigionamento del suo esercito, arrecando grave danno all’economia cittadina[senza fonte].

In seguito all’unione del Ducato di Lucca al Granducato di Toscana nel 1849, Pescia e la Valdinievole vennero inseriti nel compartimento di Lucca, che successivamente, in seguito all’unificazione italiana, divenne la provincia di Lucca. La città rimase in ambito lucchese fino al primo dopoguerra quando, in seguito alla creazione della provincia di Pistoia, l’8 gennaio 1927 venne deciso il passaggio della Valdinievole alla neonata provincia.

I bombardamenti della Seconda guerra mondiale danneggiarono molto gravemente Pescia, poiché si trovava a ridosso della linea Gotica: le truppe naziste in ritirata minarono vari edifici del centro abitato e fecero saltare tutti i ponti sul fiume. La completa distruzione della città, che pure i tedeschi avevano minacciato, fu evitata grazie all’impegno e alla mediazione del Vescovo Angelo Simonetti.

In seguito la città si riprese rapidamente, e venne costruito il Mercato dei Fiori Vecchio e in seguito il Mercato dei Fiori Nuovo, iniziando il commercio dei fiori nel mondo.

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